Dopo la pizza napoletana, nel 2020 il caffè espresso italiano tradizionale potrebbe diventare patrimonio immateriale dell'umanità Unesco.
Dal punto di vista dei consumi il caffè è la seconda bevanda dopo l'acqua più bevuta nel mondo con la Finlandia che detiene il primato europeo del consumo del caffè. E l’Italia non si può immaginare senza il rito del caffè che aiuta a svegliarsi e a ricaricarsi di energia - il 95% dei connazionali lo beve abitualmente, il 92% lo gusta principalmente tra le mura domestiche e il 72% preferisce uscire e prenderlo al bar.
In termini sociologici, il rito italiano del caffè espresso si configura come una pratica quotidiana, che scandisce specifici momenti della giornata: dalla sveglia mattutina alla pausa lavorativa, dal dopo-pranzo alla ricarica energetica pomeridiana. Per quanto tale pratica possa essere svolta in solitudine, il rito della consumazione del caffè espresso viene di solito riconosciuta come routine: un’abitudine condivisa che mette in relazione due o più persone le quali costruiscono una interazione grazie al consumo della bevanda.
Con questa candidatura è nato il Primo Disciplinare del Caffè Espresso Italiano Tradizionale, sviluppato insieme al Comitato Italiano del Caffè e allo IEI Istituto Espresso Italiano per sancire le buone regole per ottenere il vero espresso italiano nei bar o nelle caffetterie.
Le regole riguardano la miscela, la macchina da caffè e il macinadosatore e la “mano dell’operatore/barista” che deve tenere sotto controllo le modalità di estrazione tenendo in considerazione temperatura, pressione e durezza dell’acqua, dose e macinatura fino al volume di estrazione in tazza; deve cioè preoccuparsi di quella piccola, ma vera e propria trasformazione industriale che il Barista (non a caso con la B maiuscola) compie quando ottiene dal caffè in grani quell’estratto che definiamo Espresso Italiano.
Gli esperti sono al lavoro da tre anni: a Marzo 2016 è stato protocollato il dossier alla Commissione Italiana Unesco per poi passare ai ministeri competenti.
A ottobre 2017 si è svolto un incontro presso il Ministero per i Beni e le Attività Culturali (MiBAC) e in questa occasione è stata valutata e condivisa l’importanza del progetto culturale del Consorzio. Successivamente è avvenuta la registrazione presso il “Geoportale della Cultura Alimentare” del MiBAC attraverso l’iscrizione al progetto dei “Granai della Memoria” gestito dall’Università degli studi di Scienze Gastronomiche di Pollenzo – BRA (UNISG).
Il 3 dicembre è stata fatta la presentazione ufficiale alla Camera dei Deputati per cercare il supporto della politica e abbiamo centrato l’obiettivo: Nel mentre, si rimane in attesa di essere inseriti nella lista delle nomination per il 2020 il cui termine è fissato per prossimo marzo. E questo è il primo obiettivo. Dopodiché bisognerà aspettare novembre 2020 per sapere se il caffè rientrerà nel patrimonio UNESCO.
Image by jannoon028 on Freepik
|